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martedì 15 dicembre 2015

La Piccola




Un'altra assemblea dei lavoratori. E oggi mi è toccato il battesimo. Il segretario non c'era, ché siamo a ridosso dello sciopero e le trattative, altrove, si sono moltiplicate e coperte di spine.

I colleghi presenti sono pochi. Ma buoni, e non solo per onorar il detto. 
Non sono intimidita. Ho studiato, conosco gli argomenti e i ragazzi sono preparati; e la controparte, con i soliti, ridicoli, miserevoli giochi, mi ha persino offerto un assist, sfornando un documento mendace e omertoso, così facile da contestare che, quasi quasi, ci si perde il gusto.
Infilo i punti del discorso come perle di fiume. I lavoratori comprendono, si confrontano, partecipano. Qualcuno sbocconcella un mandarino, perché stanno sacrificando la pausa pranzo.
All'improvviso, si apre la porta. Compare un visino bianco e nitido, due grandi occhi chiari, un piercing sotto il labbro. 
È La Piccola. 
È una degli addetti del reparto più grosso. Ha un contratto a tempo determinato, che scadrà tra qualche mese. Ha vent'anni. E siccome ha vent'anni, potrebbe essere mia figlia. 
Chiede se può partecipare all'assemblea. È venuta apposta, ché non era neppure in turno, oggi.
Visto che, dall'ufficio accanto, c'è chi sbircia, per verificare quali formiche facinorose compongano il viavai carbonaro, quello della Piccola è già un gesto coraggioso. No, non coraggioso e basta. Eroico.
Ascolta con attenzione, pone domande, mentre i begli occhi le si allargano come fiori al sole.
Vorrebbe scioperare. Non può farlo. La lascerebbero a casa. Io lo so. Lei lo sa. 
Mi dice "perdonami, io ho paura" e io le rispondo che ci sono pandori di un metro e ottanta, lì dentro, tutelatissimi e con il culo al caldo, che non hanno un quarto della dignità che lei coltiva su un mignolo.
Accidenti! Si scusa, La Piccola, perché subisce un sopruso. E non sa, forse perché non riesco ad abbracciarla come l'avessi partorita sul serio, che la sua sola presenza, in quella stanza, ha restituito a una vecchia ciabatta comunista una cosa preziosa come l'aria: la speranza. 
Non è tutto perduto. Non esistono generazioni allo sbando. Esistono le persone.



L'ho salutata, fuori, al sole, fumando una cicca insieme. E ho spinto il fiato a fatica, giù in gola, perché lei splendeva. Fino a commuovermi.

Grazie, Piccola. Perché hai la tua testa, vent'anni e un piercing sul visino bianco. Perché c'eri.
Perché ci sei. 
Prenderò una barca alle quattro del mattino, il diciannove dicembre. Milano è a Milano e ci si deve arrivare in pullman, per comporre il corteo.
Sfanculerò la sveglia, farò la linguaccia alle palpebre bolse, dinanzi allo specchio. Ma quando il faro del battello fenderà il buio, nella mia direzione, saprò che ho un motivo in più per resistere.
Per continuare a Essere.
Grazie, Piccola. Lotta, finché sei in tempo.

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